sabato 31 maggio 2014
Bottoms up
Sessantamila visitatori in un mese, inviti dai più prestigiosi musei del mondo e ora persino un caso politico. Incontro Luchino Del Lauro da Armani Nobu. Il Maestro mi viene incontro, elegante come al solito, in uno dei suoi pigiami di reps disegni cachemire. Il suo segretario mi raccomanda sottovoce di non farlo stancare, perché è arrivato questa mattina da New York.
“Maestro, è un piacere vederla di ritorno a Milano. Ormai vive tra New York e Shanghai.”
“Sì, Trovo Milano molto provinciale, imbruttita.”
“Eppure due ex sindaci sono tra i suoi più attivi sostenitori, Gabriele Albertini ha persino posato per bottoms up.”
“Sì, è vero. Milano è la città della mia infanzia, ma i luoghi della mia maturità artistica sono New York, una città dal fascino classico e intramontabile, e Shanghai, indiscussa capitale del mondo moderno.”
“Come le è venuta l’idea di bottoms up?”
“Vede, il buco del sedere era l’ultimo tabu. In arte si era visto di tutto, dalla merda d’artista di Piero Manzoni fino ai teschi ornati di diamanti Damien Hirst, ma nessun artista aveva mai celebrato una parte del corpo considerata per secoli sporca e indecente. Io ho semplicemente rimediato.”
“E lo ha fatto in maniera finissima e altamente spettacolare, con gigantografie appese al soffitto, a un’altezza di due metri e cinquanta.”
“Certo. Volevo ricreare un ambiente caldo e protettivo. Ho lavorato molto sulle luci e sulle pareti. Non volevo che il visitatore uscisse con l’impressione di essere stato a un convegno di proctologia. Poi, certamente, il resto lo fanno i buchi, ciascuno così diverso.”
In effetti, la sensazione che si prova è un po’ quella di essere sotto le coperte. E la diversità di ogni buco è davvero sorprendente.
“Oggi lei è probabilmente l’artista più conosciuto al mondo. La decisione delle autorità russe di vietare l’installazione della sua mostra a San Pietroburgo è stata oggetto di articoli apparsi sui principali quotidiani mondiali.”
“Sì, come al solito i piccoli gerarchi russi hanno dimostrato la loro omofobia, accusando l’arte di essere oscena. In questo caso, poi, ne è seguita una campagna di stampa di una violenza inaudita, in cui non soltanto si derideva la mia opera ma si commentava la mia vita privata.”
“Eppure nel mondo occidentale lei è acclamato come una star e in Cina è più conosciuto di Leonardo da Vinci.”
Il Maestro sorride, con quell’eleganza naturale e quella modestia che prima ancora della sua opera, ce lo fanno amare. Non risponde, annuisce lentamente.
“Maestro, le indiscrezioni sulla sua installazione alla prossima biennale di Venezia sono apparse su tutti i giornali. Può darci qualche dettaglio?”
“Sì, volentieri. Ho pensato di compiere un’opera che ripercorra la vita dell’uomo. Di ogni uomo. Il titolo sarà L’odore dell’uomo. Nella prima sala installerò una lunga fila di orinatoi, come quelle dei bagni pubblici. Li farò usare, per ricreare quell’atmosfera – e soprattutto quell’odore – che l’uomo lascia dietro di sé. Per me questa prima sala ha un valore altamente simbolico, sarà una specie di personale madeleine proustiana.”
Lo esorto a chiarire: “In che senso, mi scusi?”
“I tempi della scuola, i bagni pubblici, i primi rapporti sessuali con i miei amichetti.”
“Sublime.”
“Lo spero. Nella seconda sala, fotografie di amplessi tappezzeranno i muri e il soffitto. L’esperta di profumi Laura Tonatto sta ricreando l’odore di alcova, un bouquet di sudore, umori, preservativo e sperma. E’ quasi giunta alla perfezione, lo sarà entro l’inaugurazione. La terza sala sarà una camera d’ospedale.”
“Il ciclo della vita di ogni uomo. Grandioso.”
Il segretario sussurra all’orecchio del Maestro: “E’ ora di riposarsi.” Docile come un bambino, ci stringe la mano e ci dà appuntamento alla Biennale. Al suo passaggio, qualche cliente si alza e accenna un timido applauso. Un uomo d’affari giapponese si alza e s’inchina. Dentro di noi, semplici spettatori della vita e dell’opera di questo straordinario artista, resta la consapevolezza di avere incontrato un genio.
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