venerdì 28 settembre 2012

Giuseppe Berto

Avevo 16 o 17 anni. Dopo aver letto "Il male oscuro" e "La gloria", andai dal mio professore d'Italiano e gli dissi: "Giuseppe Berto è il più grande scrittore italiano". Mi guardò con la solita aria di compatimento, che mi riservava sempre. Oggi, 33 o 34 anni più tardi, dopo che nel 2010 ho citato Giuseppe Berto nel mio romanzo come un autore "ingiustamente dimenticato", esce una raccolta di racconti edita da BUR Rizzoli (Giuseppe Berto, "Tutti i racconti"). Ovvio,corro a comprarla. Già al secondo racconto, "Economia di candele", dieci pagine, penso che Giuseppe Berto è di sicuro il più grande scrittore italiano. Al terzo racconto, "Il seme tra le spine", arrivato al punto in cui racconta della compassione che nasce tra un'infermiera e un paziente, rileggo incredulo la pagina. Mio dio, "compassione". Nel mio romanzo ho scritto, sull'uscita dal reparto di rianimazione: "Me ne sono andato piangendo come un bambino - sì, per l’ultima volta! - tra gli abbracci degli infermieri e i saluti degli altri malati. Mi avevano salvato ma ora dovevano operarmi al cuore. Piangevo perché avevo compreso che alla bestialità del mondo possiamo opporre la nostra compassione, il più nobile dei sentimenti." In letteratura non s'inventa nulla: le persone sensibili hanno le medesime intuizioni e gli scrittori non fanno altro che scriverne. Giuseppe Berto, "Tutti i racconti".

giovedì 15 marzo 2012

White nights

Five nights together then suddenly, unexpectedly, the morning. Just five nights, but the life of the main character will never be the same after the experience of love. All my life I've been obsessed by Dostoevsy, the madman of Russian literature. Now, at 49, I clearly understand the reason. Just like him, I strongly believe that love - even five nights of love - can deeply change our lives. "Happiness is the longing for repetition" wrote Milan Kundera, that's why we cannot be happy. Our life is a straight line and repetition is clearly not possible. "With him, I know what I can expect", you told me. Since with him you weren't happy, yours was a very sad choice indeed. I love you Marija. With you I was happy. I didn't know what we could expect, but indeed I was happy and I had no fear of the future. You cannot imagine how much I miss you. All of a sudden I'm an old man, left alone by his wife, his family, his friends. An old man who has the nature of an accursed poet, a "poète maudit" that could be saved by your love. Please come back. You are my last chance to go back to normal life. After you, the incipit of my novel will be prophetic: "Finirò male, perchè sono un maudit" ("I will end badly, because I am accursed").

lunedì 12 marzo 2012

Tai-Pan

Avv. Luca Birindelli, M.C.J.
In anticipo - come hai sempre vissuto - te ne sei andato. Poco dopo Patrizia, a 55 anni. Il giorno che sono entrato da Pedersoli, mi hai telefonato: "Ciao Alfredo, com'è l'aria rarefatta delle vette?" Ho lavorato per molti avvocati, tu eri l'unico che mi mancava. Eri un romantico, con una concezione eroica della vita. Non ti sentivi a tuo agio nella nostra epoca, che è la più prosaica della storia. Il mondo retto dagli economisti è un mondo retto dai gretti valori dei bottegai: vivere diventa triste come scontare una pena. Avevamo litigato, certo. Ma io ti volevo bene. E l'ultima volta che ci siamo incontrati, hai fermato il taxi che ti portava a Linate soltanto per abbracciarmi. Sempre in viaggio, Luca. New York da ragazzo (M.C.J. New York University), poi dal 1987 la Cina. Insieme a Montreal, nel 1991, Tu Vice Presidente di Comitato e io relatore, poi a giocare a biliardo e a bere. Naturalmente, la cameriera del pub ha scelto te. Ti avevo lasciato, come tutti. Ma non mi portavi rancore. Un paio d'anni dopo la lite - causata dall'ambasciatore vietnamita - mi hai invitato a cena. Eri un vero maudit Luca: intelligente, sensibile e inquieto. Voglio ricordarti in smoking bianco, una sera d'estate, diretto alla Scala insieme a una delegazione giapponese. Sei morto da solo, o forse perché eri rimasto solo. "Essere soli è allenarsi a morire" (Céline). Addio Tai-Pan.
Avv. Alfredo Tocchi, LL.M.

domenica 12 febbraio 2012

Gillo Dorfles

Ho la presunzione di considerarmi un grande osservatore. Quando incontro un uomo, lo fisso. La prima cosa che noto, è il viso. Credo che – purtroppo – Cesare Lombroso avesse qualche ragione: dall’espressione del viso e dalla fisionomia possiamo intuire molte cose. E, soltanto a volte, l’impressione può rivelarsi errata. Ma sono un esteta, passo ai dettagli. La distinzione è una dote naturale, come la bellezza. L’eleganza invece richiede educazione. C si può fermare ai primi stadi e non progredire mai, inconsapevoli di non essere eleganti. Un primo livello riguarda l’accostamento dei capi d’abbigliamento. Inutile precisare il concetto: è intuitivo. Un secondo livello riguarda l’accostamento dei colori. In molti riescono ad arrivare a questi due livelli, anche senza alcun buon gusto, semplicemente con un po’ di senso della misura. Più complesso è arrivare a comprendere l’eleganza del taglio e la qualità. L’educazione diventa necessaria. Fin da bambino accompagnavo mio padre dal sarto e assistevo alle prove. Ho trascorso gli anni ’70 e gli anni ’90 senza eccessi, proprio per il senso della misura che il rigore degli anni ’60 mi aveva impresso. Ho imparato a osservare i dettagli che in pochi notano: le asole cucite a mano, i giusti bottoni. Raro è arrivare a comprendere il perfetto accostamento dei materiali. Qui diventa indispensabile un approfondimento. Tutto questo bagaglio di conoscenza non ha per molti alcun significato. Sempre di più i nostri vestiti – come tutti i nostri oggetti - sono capi fabbricati in serie che compriamo e al massimo facciamo adattare dal negoziante se presentano, indossati, difetti evidenti. Eppure, tutto il vantaggio dell’Italian Style stava in questo nostro bagaglio di conoscenza. Un italiano elegante era diverso da un tedesco ben vestito grazie ad una maggiore educazione estetica. Che non si apprendeva per il fatto stesso di essere italiano (altrimenti saremmo stati tutti ugualmente eleganti), ma grazie al bagaglio di conoscenza tramandato nell’ambiente borghese, oggi in gran parte in via di sparizione. A prima vista, la perdita del bello non sembra una gran perdita. In un paese deturpato da spaventose periferie - dove le coste e i paesi medievali, miracolosamente rimasti intatti fino ai nostri giorni, vengono imbruttiti da costruzioni orribili (e durevoli – perché in cemento) spesso abusive ma più spesso autorizzate dall’ignoranza degli organi preposti alla tutela del territorio - l’incontro con un uomo inelegante sembra l’ultimo dei nostri problemi. La crisi economica parrebbe l’unica cosa di cui realmente occuparsi. Ma l'Italian Style era una risorsa economica importante, una carta da giocare proprio durante una crisi economica. Per questo, quando guardo fotografie di uomini come Gianni Agnelli, Gillo Dorfles o Beppe Modenese, rimpiango che i miei nipoti non siano sensibili a quell’educazione all’eleganza che io ho avuto la fortuna di ricevere.