Sono amico dell’autore. E non uso a caso o
a sproposito la parola amico. Sono amico anche di un altro personaggio di
questo libro, il Dottor Giordano (non uso il suo vero nome - naturalmente – e
neppure il mio). Sono più giovani di me. Non soltanto anagraficamente. Loro
sono come due ragazzini. Oggi si parla tanto della “sindrome di Peter Pan”:
nulla di tutto ciò. Entrambi sono professionisti affermati, nel loro campo. Ciò
nonostante, ogni serata che scendono al “condominiale” è speciale. La monotonia
di un ristorante pieno a mezzogiorno ma frequentato dai soliti habitué la sera
è spezzata da questa coppia – una vera strana coppia – di ragazzini
cinquantenni. Gli scherzi, le battute, la loro gioia di vivere sono una
benedizione, soprattutto per chi – come me – vive da solo e non ha più molte
occasioni sociali. Ho letto volentieri le bozze di questo romanzo (come avevo
letto quelle delle precedenti pubblicazioni, il romanzo Confessioni di un pazzo
di raro talento e il racconto Celeste) e ho cercato di dare il mio modesto
contributo. L’ho fatto con piacere, non soltanto perché stimo l’autore – uomo
che ha sofferto, migliorandosi con coraggio -
ma perché farlo è stata un’occasione per trascorrere molte sere con lui
e con il Dottor Giordano. Le risate che ci siamo fatti insieme sono veramente
benedette. L’autore ha sopportato con pazienza – come fa sempre – l’esuberanza
scherzosa del Dottor Giordano. Ovviamente, la correzione delle bozze si è
svolta al “condominiale” e ha via via coinvolto tutti, proprio tutti. Non
soltanto il cuoco Pasquale, la Signora Anna e tutto lo staff del bar di Via
Corridoni, Bruno e Oscar per primi. Ma anche avventori capitati lì per caso,
come – in una serata veramente indimenticabile – una vedova di Benevento che Giulio
si è poi portato a casa. Sì, il mondo di Giulio è – come scrive lui stesso -
orgasmocentrico. Ma non bisogna considerare questo romanzo come uno scritto
divertente: è molto di più. Prima di tutto, è uno scritto sull’arte: memorabile
il ritratto di Luigi Sonzini, uno straordinario pittore, un dandy ancora
vivente. Poi, vi sono seminate qua e là considerazioni che – anche per me che
le ho lette e rilette – sono sempre profonde e illuminanti. Perché l’autore è
un Suchende, un uomo che cerca, ragionando, di svelare l’essenza delle cose. Giulio,
con il suo inseparabile cane Wigo. Il Dottor Giordano, autore di articoli
pubblicati dal più noto quotidiano italiano e soprattutto uomo arguto e colto.
Con orgoglio scrivo “i miei amici.” Lo scrivo anche se nella descrizione del
mio personaggio Giulio non mi ha fatto sconti. Ma, si sa, la finzione
letteraria non è la vita. E questo libro è una fiaba, scritta da un poeta
decadente, maturato ascoltando musica dei Cure – per lui vera poesia
contemporanea. Rubando le parole del Dottore, chiudo questa mia breve
prefazione: se c’è una morale in questa fiaba moderna, è che ci sono molte
persone sole. Ma, a volte, offrendosi agli altri con coraggio, la solitudine
può essere sconfitta e si può godere pienamente la vita. E se a Milano non ci
sono femmine (la parola usata da lui, naturalmente, era un’altra) per tutti,
basta cercarle all’estero, sui siti per incontri. Ricordandoci che, come pensa Giulio,
“se possiamo darci a una sola persona,
dobbiamo darci a qualcuno che ci meriti.”
(Professor Mario Caccamo)
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