Giunto a questo punto - davanti
allo schermo del tuo computer, intendo – pronto a scrivere l’ennesimo romanzo
che resterà inedito – ben sapendo che resterà inedito – consapevole che di te
non importa niente a nessuno - anzi per qualcuno sei un fastidio - lucidamente
disilluso, assolutamente consapevole dell’inutilità del tutto ma al tempo
stesso convinto della nobile bellezza di combattere una battaglia inutile,
ancora pulito nonostante la vita ti abbia costretto a sguazzare nel suo lurido
fango, esausto e al contempo deciso a non darti per vinto (per quale motivo?),
giunto a questo punto – davanti allo schermo del tuo computer, intendo – apparentemente scrivere o non scrivere non fa nessuna differenza, tanto - se sei a giunto a
questo punto – è perché tutto ciò che hai detto, e tutto ciò che hai scritto,
non è stato ascoltato né letto e la parola, la tua parola, risuona nel vuoto
amplificandosi all’infinito quasi a darti la dimostrazione definitiva,
scientifica, che tu sei un’illusione, uno scherzo di Dio (se esiste), un
granello di polvere cosmica – o un istante di vita, se preferisci – del tutto
privo di significato per l’universo e per quel Dio (se esiste) che ti ha dato
la vita eppure – o forse proprio per questo – un granello di polvere dolente e
disperato.
La domanda è sempre la stessa che
ha afflitto tutti coloro che prima di te sono giunti a questo punto: “Se la mia
storia non interessa a nessuno, perché io devo
scriverla?” E, proprio a questo punto, capirai che il bisogno di esprimerti coincide
con la necessità di dare un significato al tuo dolore e alla tua disperazione
ma – se sei mediamente intelligente – rifiuterai tutte le balle sul significato
del dolore, la sacralità della vita umana da cui discende la tua importanza
individuale e tutta la litania di cretinate che forse potevano consolare i tuoi
antenati ma oggi sono inutili pillole di zucchero colorato. Religione,
psicoanalisi, meditazione, stordimenti naturali o artificiali li avrai presi in
considerazione, escludendoli ad uno ad uno e arrivando finalmente al bivio dove
sono passati tutti gli scrittori - almeno quelli veri – per poi giungere a
questo punto.
Qui hai una sola scelta: scrivere
o non scrivere. Scrivere ti farà stare anche peggio. Non scrivere ti farà
rinunciare per sempre alla condivisione del tuo dolore e della tua
disperazione. Sta a te decidere. Se scriverai e nessuno ti leggerà, sarà stata
una fatica inutile. Se scriverai, qualcuno ti leggerà ma non sarà un successo,
la tua delusione sarà bruciante. Se scriverai e sarà un successo, ma non grande
come quello di Tizio, non riuscirai a fartene una ragione.
Soltanto se il successo sarà pari
alle tue aspettative, forse sarai felice. Ma – se sei molto intelligente –
capirai che la felicità e l’infelicità sono due facce della stessa medaglia,
che è rimasta un mistero esattamente come all’inizio del tuo cammino. Un senso
di vertigine potrebbe allora indurti a gesti estremi: del resto non saresti il
primo né l’ultimo scrittore suicida.
Con questi pensieri in testa –
giunto a questo punto – scrivi della vita lasciando da parte le domande e le
risposte, concentrandoti unicamente sulla tua storia. E’ possibile che non
interessi a nessuno, ma viverla nella tua fantasia ti aiuterà a distogliere il
pensiero dal perché sei proprio lì, davanti allo schermo del tuo computer,
intendo – pronto a scrivere l’ennesimo romanzo che (forse) resterà inedito.