Le sofferenze umane
Tra i tanti modi di rappresentare le sofferenze umane, uno dei più originali, semplicemente geniali, è quello di Luigi Sonzini. Una croce composta da tele bruciate sovrapposte con all'interno specchi. La croce, simbolo della sofferenza di Gesù Cristo, evocativa del dolore ma anche della redenzione dal dolore grazie al sacrificio del figlio di Dio fattosi uomo. Le tele bruciate, che rendono tridimensionale l'opera. Gli specchi, che riflettono l'immagine di chi osservi l'opera, lo catturano al suo interno, trasformando lo spettatore - ma anche il mondo circostante - in un'immagine crocefissa. Gli specchi fanno sì che l'opera muti ad ogni minimo spostamento dell'osservatore: perpetuum mobile, l'incessante movimento dell'universo intorno all'uomo, l'universo come percezione, impressione, di ogni singolo essere pensante. L'universo non è ciò che ci circonda, è la nostra personale elaborazione di ciò che ci circonda: echi di Edmund Husserl. Così la croce è sempre uguale e sempre diversa, cambia ad ogni istante, si rinnova e si perpetua esattamente come la vita. Luigi Sonzini capì immediatamente la forza espressiva e simbolica della sua opera e ne rimase segnato. Consapevole di essere tra i più grandi artisti della sua generazione, ma al tempo stesso convinto che la vita debba pagare un tributo altissimo all'arte e - naturalmente - viceversa. Il talento, quello vero, è un frutto avvelenato. "Lucio Fontana è stato un grande artista, ma i suoi concetti spaziali sono soltanto l'inizio di un percorso artistico che si conclude con le mie croci bruciate. Il taglio della tela con un coltello da filetto, il buco con un punteruolo, sono gesti violenti che squarciano il velo simbolico che è la tela, ma non la purificano. Soltanto il fuoco purifica. Siamo cenere che ritorna cenere". Fascinazione della cenere, echi di Emìl Cioran, il nichilismo di un artista maudit che ha saputo rappresentare la sofferenza con un'eleganza senza pari. Perché è vero che le sue opere hanno una grande valenza simbolica, ma se osservate una tela bruciata nella sua teca di perspex fumé, ciò che vi colpisce è la sua eleganza, la sua bellezza come oggetto decorativo. Luigi Sonzini ha avuto le stimmate caratteristiche dei grandi artisti nichilisti descritte nel saggio di Francesco Piga La verità di Céline: la notte e la morte: “Le persecuzioni da parte di coloro che nel loro quieto vivere si sentono irritati da uno spirito anticonformista e polemico, il desiderio di libertà totale per una meditazione in solitudine… la ricerca laboriosa di uno stile personale… il risultato di un'opera dai contenuti mai consolatori ma scomodi e disperanti.”
venerdì 26 maggio 2017
mercoledì 24 maggio 2017
L'uomo di seta (di Luigi Sonzini)
Se queste parole voi pubblicherete
ancor molte storie da me leggerete.
Noi or dell'artista dobbiamo parlare
e voi queste cose potrete ascoltare.
Sappiate che artista davvero lo è
soltanto chi vive da solo con sé
perché quei consorzi che dell'arte fanno
con tutti i lor sforzi mai la capiranno.
Si inventano arti, si fanno musei
cui gridan vendetta persino gli Achei.
Parlare ho sentito stasera Bonito
e allora, ho capito
che le sue parole
battevan sol dove il dente duole.
Poi quel professore davvero sgarbato
che parla dell'arte in modo affettato
lui parla dell'arte davvero sovrana
e intanto alla tela ogni dì si sputtana.
In tutte le ere è stato così
partendo da Cristo che è morto qui
e ben lo sappiamo lui era un artista
e forse per questo lo misero in pista.
Quel grande profeta
col saio di seta
salì sopra il monte con grande passione
nel mentre la lira suonava Nerone.
Bruciava col capo coperto di spine
seguito soltanto da 4 beghine
poi qualcun altro gli stava di dietro
di nome Luca, Giovanni oppur Pietro.
Il povero Giuda l'aveva tradito
per trenta denari, ma si era pentito.
Allor mi domando a che è valso il supplizio
se poi nell'umano, è rimasto quel vizio!
Avrei anche potuto parlar di Andreotti
ma son vent'anni che c'è anche la Jotti.
Si fan le guerre, si squarcia il pianeta
bevendo quel sangue dell'uomo di seta
e più si va avanti nel nostro cammino
più perdiamo la meta che è il nostro destino.
(Luigi Sonzini)
ancor molte storie da me leggerete.
Noi or dell'artista dobbiamo parlare
e voi queste cose potrete ascoltare.
Sappiate che artista davvero lo è
soltanto chi vive da solo con sé
perché quei consorzi che dell'arte fanno
con tutti i lor sforzi mai la capiranno.
Si inventano arti, si fanno musei
cui gridan vendetta persino gli Achei.
Parlare ho sentito stasera Bonito
e allora, ho capito
che le sue parole
battevan sol dove il dente duole.
Poi quel professore davvero sgarbato
che parla dell'arte in modo affettato
lui parla dell'arte davvero sovrana
e intanto alla tela ogni dì si sputtana.
In tutte le ere è stato così
partendo da Cristo che è morto qui
e ben lo sappiamo lui era un artista
e forse per questo lo misero in pista.
Quel grande profeta
col saio di seta
salì sopra il monte con grande passione
nel mentre la lira suonava Nerone.
Bruciava col capo coperto di spine
seguito soltanto da 4 beghine
poi qualcun altro gli stava di dietro
di nome Luca, Giovanni oppur Pietro.
Il povero Giuda l'aveva tradito
per trenta denari, ma si era pentito.
Allor mi domando a che è valso il supplizio
se poi nell'umano, è rimasto quel vizio!
Avrei anche potuto parlar di Andreotti
ma son vent'anni che c'è anche la Jotti.
Si fan le guerre, si squarcia il pianeta
bevendo quel sangue dell'uomo di seta
e più si va avanti nel nostro cammino
più perdiamo la meta che è il nostro destino.
(Luigi Sonzini)
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