domenica 2 marzo 2014
Nichilista, consumista, post punk
Giulio di Tocco è un nichilista, consumista, post punk. Un Ulisse che vaga verso l'unico vero approdo: la morte. Ho scritto 520 pagine, ne ho pubblicate meno di un terzo. Ma in fondo, cosa cambia? Avevo già capito tutto all'inizio del mio viaggio, previsto tutto con una lucidità degna delle mie migliori letture: "Il mio romanzo è stato pubblicato: quattrocentoquaranta copie. Non l’ho trovato in nessuna libreria. Sabato ero alla libreria Feltrinelli con mia figlia e per farle vedere che suo padre era veramente uno scrittore ho chiesto alla signorina al banco delle informazioni di cercare il mio nome a computer. C’era, so what?
Eppure ho deciso di farcela, di diventare uno scrittore o di morire nel tentativo, perché è una scelta romantica, una scelta stupida ma nobile, da vero maudit. Vittoria o Morte". Sono stato folgorato dal ritratto di Céline fatto da sua moglie, perchè è anche il mio ritratto: “Era un essere disperato, di un pessimismo totale… C’era in lui un’intensità nella tristezza che tutti sfuggivano. Io sono rimasta.” (Lucette Destouches). Qui con me, però, non è rimasto nessuno, eccetto Wigo. "La morte sembra l'unica cosa veramente coerente. La scrittura stessa è un modo di sconfiggere la morte. Morte e ironia sono le uniche cose che fanno intravedere una speranza di guarigione dalla malattia della vita moderna. Ottenibile solo se l'uomo saprà tornare ad essere un individuo ben distinto dal resto del gregge, capace di scappare da quella piattezza e da quel grigiore dove è stato relegato. (Wikipedia, voce Céline)". Céline è morto il giorno dopo avere finito la sua Trilogia del Nord, di emorragia cerebrale. Non si suicidò per caso, esattamente come Francis Scott Fitzgerald (che già aveva acquistato una pistola): la morte sopraggiunse un attimo prima. Chi si guarda dentro e vede l'abisso, ha bisogno di motivazioni forti per vivere. Gli altri leggano favole, vivano accanto a uomini o donne per abitudine o convenienza, s'illudano che esista un'altra vita, si stordiscano recitando l'Om tibetano o vadano a farsi fottere. Tanto, "Qualcuno forse finisce bene?".
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