domenica 12 febbraio 2012
Gillo Dorfles
Ho la presunzione di considerarmi un grande osservatore. Quando incontro un uomo, lo fisso. La prima cosa che noto, è il viso. Credo che – purtroppo – Cesare Lombroso avesse qualche ragione: dall’espressione del viso e dalla fisionomia possiamo intuire molte cose. E, soltanto a volte, l’impressione può rivelarsi errata. Ma sono un esteta, passo ai dettagli. La distinzione è una dote naturale, come la bellezza. L’eleganza invece richiede educazione. C si può fermare ai primi stadi e non progredire mai, inconsapevoli di non essere eleganti. Un primo livello riguarda l’accostamento dei capi d’abbigliamento. Inutile precisare il concetto: è intuitivo. Un secondo livello riguarda l’accostamento dei colori. In molti riescono ad arrivare a questi due livelli, anche senza alcun buon gusto, semplicemente con un po’ di senso della misura. Più complesso è arrivare a comprendere l’eleganza del taglio e la qualità. L’educazione diventa necessaria. Fin da bambino accompagnavo mio padre dal sarto e assistevo alle prove. Ho trascorso gli anni ’70 e gli anni ’90 senza eccessi, proprio per il senso della misura che il rigore degli anni ’60 mi aveva impresso. Ho imparato a osservare i dettagli che in pochi notano: le asole cucite a mano, i giusti bottoni.
Raro è arrivare a comprendere il perfetto accostamento dei materiali. Qui diventa indispensabile un approfondimento. Tutto questo bagaglio di conoscenza non ha per molti alcun significato. Sempre di più i nostri vestiti – come tutti i nostri oggetti - sono capi fabbricati in serie che compriamo e al massimo facciamo adattare dal negoziante se presentano, indossati, difetti evidenti. Eppure, tutto il vantaggio dell’Italian Style stava in questo nostro bagaglio di conoscenza. Un italiano elegante era diverso da un tedesco ben vestito grazie ad una maggiore educazione estetica. Che non si apprendeva per il fatto stesso di essere italiano (altrimenti saremmo stati tutti ugualmente eleganti), ma grazie al bagaglio di conoscenza tramandato nell’ambiente borghese, oggi in gran parte in via di sparizione. A prima vista, la perdita del bello non sembra una gran perdita. In un paese deturpato da spaventose periferie - dove le coste e i paesi medievali, miracolosamente rimasti intatti fino ai nostri giorni, vengono imbruttiti da costruzioni orribili (e durevoli – perché in cemento) spesso abusive ma più spesso autorizzate dall’ignoranza degli organi preposti alla tutela del territorio - l’incontro con un uomo inelegante sembra l’ultimo dei nostri problemi. La crisi economica parrebbe l’unica cosa di cui realmente occuparsi. Ma l'Italian Style era una risorsa economica importante, una carta da giocare proprio durante una crisi economica. Per questo, quando guardo fotografie di uomini come Gianni Agnelli, Gillo Dorfles o Beppe Modenese, rimpiango che i miei nipoti non siano sensibili a quell’educazione all’eleganza che io ho avuto la fortuna di ricevere.
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